La realtà vista da una prospettiva differente

So quello che sono e sogno quello che non posso essere, ma non mi illudo di essere quello che sogno

lunedì 11 gennaio 2016

Le nostre regole d'oro per farci prossimi ai fratelli di strada


Ho ritenuto utile pubblicare qui le regole d'oro del gruppo di cui faccio parte nelle attività di aiuto alle persone di strada. Se qualcuno volesse aderire, in Salvador de Bahia, o scambiare opinioni, ben venga.

Compromisso de Amor (Patto d'amore).
Projeto Irmãos de Rua (Progetto Fratelli di strada)

Motivazioni
Vista la grande quantità di senzatetto per le strade di Salvador, ci sentiamo chiamati a fare la nostra parte per cercare di migliorare la condizione dei nostri fratelli momentaneamente in difficoltà. Siamo consapevoli delle diverse motivazioni che portano una persona a vivere in strada, ritenendo però che non sia mai una scelta completamente libera e volontaria, ma conseguenza di dipendenze chimiche e/o gravi problemi familiari. Per questo cerchiamo di farci vicini ai nostri “fratelli di strada” attraverso il presente progetto.

Obiettivi
  • creazione di un vincolo affettivo con i nostri fratelli di strada;
  • distribuzione di alimento (normalmente zuppa con verdure, fagioli, riso o altra pasta, possibilmente accompagnata da un panino)
  • realizzare un censimento per zona dei senzatetto, al fine di mantenere informati tutti i volontari sulla storia di vita dei senzatetto che incontreranno nelle uscite notturne, in modo da conoscere già le esperienze recenti raccontate agli altri volontari e rafforzare così il vincolo affettivo con tutti i volontari;
  • infondere ai fratelli di strada una maggiore consapevolezza dei propri mezzi;
  • informare sulle possibili strade per reinserimento nel mercato del lavoro, attraverso corsi professionalizzanti gratuiti;
  • invitare i fratelli alla frequenza di attività già esistenti per senzatetto (ad es. progetto “Levanta-te e anda”, giovedì sera alla Igreja da Trinidade);
  • indirizzare ai CAPS (centri di assistenza psico-sociale) e all'assistenza medica, ove necessario;
  • coinvolgere altri volontari spinti dal nostro stesso desiderio di farsi vicini ai fratelli di strada;

Target
Tutte le persone che dormono in strada, di qualsiasi sesso, età, condizione sociale, stato di salute.

Modalità
Itinerante”: gruppi di minimo due volontari che escono la sera per incontrare i fratelli di strada, portando loro alimento e cercando un contatto umano invitando, ove possibile, ad un momento di condivisione spirituale. A seconda del numero di volontari, potranno essere frequentate più zone.

Metodologia

Risorse:
  • minimo 2 volontari;
  • materiale e luogo per la preparazione dell'alimento che sarà offerto;
  • contenitore per il trasporto dell'alimento, bicchieri grandi, cucchiai, tovaglioli.
Metodo:
  • acquisto bicchieri, cucchiai e tovaglioli;
  • raccolta alimenti per preparazione zuppa attraverso sensibilizzazione marcatini e panetterie locali;
  • preparazione zuppa e collocamento nell'apposito contenitore per il trasporto;
  • riunione e preghiera di preparazione all'uscita in strada;
  • uscita in strada in gruppi di almeno due persone, munite di biciclette con ceste per il trasporto della zuppa, bicchieri, cucchiai e tovaglioli (orario indicativo dalle 19 alle 23);
  • distribuzione zuppa, creazione vincolo affettivo (ascolto e spiritualità), compilazione schede di censimento;
  • ritorno alla base, riunione, condivisione e preghiera di ringraziamento.

La zuppa e il suo trasporto
L'alimento sarà preparato con la massima attenzione e cura, con una preparazione comunitaria dei volontari e con preghiere e canti. Non vogliamo semplicemente “sfamare” gli affamati, ma mostrare attenzione nei riguardi dei nostri fratelli di strada, facendo attenzione anche ai particolari e ai gesti con cui offriamo loro l'alimento: mostrare amore in ogni nostra azione, convinti che il gusto e i benefici della zuppa dipendano anche da quanto amore ci avremo messa nel farla.

Le regole d'oro dell'incontro
Il cuore del nostro programma è l'instaurazione di un rapporto fraterno, di fiducia, in modo da rappresentare un punto di appoggio per i fratelli di strada, per offrire loro un canale attraverso cui esprimere le proprie esigenze materiali e le loro esperienze della vita di strada, oltre a rappresentare una spalla amica cui poter confidare i propri sentimenti.
Non dobbiamo mani dimenticare che i fratelli di strada rappresentano per noi il volto concreto di Dio: vogliamo essere uno strumento nelle Sue mani per portare lo Spirito dove Lui vorrà.
L'approccio con i fratelli di strada avviene preferibilmente nelle vie principali della zona precedentemente stabilita, per garantire una maggiore sicurezza ai volontari e perché gli stessi fratelli di strada preferiscono le strade di maggior transito per il pernottamento, essendo più sicure pure per loro.
Tenderemo ad evitare i gruppetti che si isolano per consumare sostanze, preferendo invece l'approccio nel luogo in cui il fratello di strada ha preparato il proprio cartone-materasso.
Ci presentiamo loro salutandoli, chiedendoli come stanno ed offrendo loro un alimento; successivamente ci approssimiamo, con il massimo rispetto, come se stessimo entrando in casa loro.
Offrendo loro la zuppa, possiamo presentarci e, sempre osservando, interpretando e rispettando il linguaggio verbale e, soprattutto non verbale, cerchiamo di capire se possiamo sederci accanto a loro e domandare con gentilezza maggiori notizie, lasciando infine che siano loro stessi a condurre il dialogo.
Rispetteremo i naturali tempi dell'incontro, senza forzare per trattenerci più a lungo o per tagliare il discorso: entrambi i casi sarebbero una mancanza di rispetto della sacralità dell'incontro.
Ascolteremo eventuali richieste di aiuti materiali (vestiti, bibbia, medicinali), valutando, in base alla conoscenza della persona e ai successivi incontri, la possibilità di soddisfare tali esigenze in prima persona, o indirizzando verso altri servizi presenti sul territorio e precedentemente contattati.
Infine, valuteremo con obiettività la possibilità di proporre una preghiera comunitaria, prendendosi per mano ed invitando i fratelli a prendere l'iniziativa o concluderla, nella forma più spontanea e semplice possibile.
Salutandoci, ascolteremo gli inviti e i suggerimenti dei nostri fratelli di strada su quali altre strade percorrere.

giovedì 24 dicembre 2015

GLI OCCHI SCURI DEL “MIO” BRASILE. DARIO MILANI


Tratto dal sito http://www.voglioviverecosi.com/

GLI OCCHI SCURI DEL “MIO” BRASILE. DARIO MILANI

24/12/2015



Sono arrivato a Salvador per la prima volta a 21 anni. Non conoscevo nessuno e non potevo immaginare che quella sarebbe diventata più della mia seconda casa.
La scelta del Brasile è casuale: conosco in Italia degli amici di Salvador de Bahia che me ne parlano molto bene. Soprattutto, mi sta stretta la mia piccola città natale e sento un forte bisogno di dare alla mia vita un senso che vada oltre un titolo di studio ed un lavoro. Ma non so bene cosa cercare. Basta la prima esperienza, di un mese, per capire che il Brasile non è come me l'avevano descritto, ovvero tutto sole, spiagge e allegria. E' fatto soprattutto di persone che ti parlano senza che tu le cerchi: non solo belle ragazze, ma anche bambini di strada, mendicanti, venditori di droga e tante persone che facilmente iniziano un dialogo con la prima persona che hanno accanto. Mi sento chiamato a conoscerlo meglio.
Dario Milani
Così, terminati gli studi universitari, mi trasferisco a Salvador per 2 anni, interrotti da un breve ritorno in Italia. Come volontario, lavoro in una scuola alla periferia, nel quartiere di Pernambués, offrendo lezioni di informatica a bambini e adolescenti, poi anche agli adulti; successivamente divento il responsabile di una raccolta fondi per acquistare l'edificio che ospitava la scuola. Sembra procedere bene, ma il confronto-scontro quotidiano con la povertà e, soprattutto, le disuguaglianze, mi fa male, mi provoca rabbia e un senso di impotenza, anche e soprattutto verso quella grande fetta di brasiliani che sembra fregarsene totalmente di chi non ha nulla; anzi, a volte ostenta i propri beni. Così, con molto rammarico, dico basta e torno in Italia. Il Brasile mi ha scottato, ho bisogno di riflettere e ricaricarmi. Trovo con un po' di fortuna un lavoro che poi diventerà a tempo indeterminato.
Ma la mia costante ricerca di senso si è ormai associata al seme della saudade, ormai già germogliato in me: mi manca il sole, il calore della gente (di quella semplice), la musica dal vivo e il sentirmi utile. Dopo circa due anni rassegno le dimissioni, faccio qualche altro lavoretto, metto insieme tutti i soldi che ho risparmiato nella vita e torno a Salvador, per rimanerci e comprarvi casa. Nel frattempo mi sono anche sposato in Italia con una ragazza brasiliana, conosciuta a Salvador, quindi ho le carte in regola per ottenere il visto permanente. Cerco di mantenermi dando lezioni private di informatica e italiano.
Gli occhi scuri del mio Brasile
Ma le migliaia di persone che vedo dormire sui marciapiedi mi interpellano sempre di più e lotto contro la mia paura di avvicinarmi. Finché un giorno mi faccio coraggio con uno che vedo sempre sotto casa mia. Gli propongo uno scambio: tutte le sere gli offrirò qualcosa se lui mi parlerà della sua vita. E così conosco Marquinho, che mi mostrerà il mondo dei senzatetto e i luoghi più nascosti di Salvador, accompagnandomi con la sua inaspettatamente originale e profonda visione della vita. Parliamo di tutto, dall'amore ai figli, dal lavoro alla violenza, da Dio ai viaggi, dall'anima al sesso. Ed è naturale per me trascrivere in un libro le nostre esperienze, perché non vadano perse. L'ho chiamato “Gli occhi scuri del Samba”, come ad indicare il lato oscuro e profondo di un paese famoso soprattutto per la spensieratezza. Se siete interessati, sotto trovate i link per averlo. Soprattutto, le esperienze con Marquinho mi hanno fatto intravvedere una ricchezza ignorata dalla maggioranza: gli incontri con chi sta in strada sono diretti, fraterni, emozionanti. Abbracci, baci, carezze, lacrime di commozione e tantissime storie personali raccontate... e questo privilegio solo perché sto lì ad ascoltare! Sì, mi raccontano anche tanto dolore, ma se scelgono di condividerlo con me è perché si sentono accolti. E quando torno a casa sono sempre un po' diverso da quando sono uscito: stanco, ma carico di emozioni e di ricchezza.
Dopo le uscite con Marquinho è inevitabile continuare: adesso partecipo alle attività di una comunità di accoglienza (Comunidade da Trindade) e mi sono organizzato per portare, nelle uscite notturne, anche un po' di cibo, che è comunque secondario rispetto all'ascolto delle persone. Se richiesto, indico possibili centri di accoglienza od accompagno gli eventuali minorenni. E proprio i bambini mi hanno fatto conoscere anche la realtà degli orfanotrofi, così che una volta a settimana vado a fare una visita, insieme ad altri volontari.
Questa, molto sintetizzata, la mia storia, il mio Brasile. Un Brasile in cui inizialmente mi vedevo diviso fra la parte del piacere (le spiagge, la musica, i divertimenti) e la parte fastidiosa (i bambini di strada, i senzatetto), che si è invece rivelata piena di sorprese e sta dando un senso alla mia vita. Egoisticamente, incontrare il popolo della notte fa bene prima di tutto a me.
Chi fosse interessato a fare un'esperienza di volontariato a Salvador de Bahia, può scrivermi:
profdario1@gmail.com
o visitare i miei blog
www.gliocchiscuridelsamba.blogspot.it/ e
www.vivereasalvador.blogspot.it/
Per acquistare il libro “Gli Occhi Scuri del Samba”:
Formato cartaceo
www.lafeltrinelli.it/libri/milani-dario/occhi-scuri-samba/9788891165718
e-book

giovedì 1 ottobre 2015

Notti con i migranti, in Serbia


Ho incontrato Marquinho (ovvero un senzatetto, protagonista del mio libro "Gli occhi scuri del Samba") anche in Europa. 

Non perché lui sia emigrato dal Brasile, ma perché l'ho visto nei volti e nei cuori dei cosìdetti “migranti”, incontrati in Serbia, al confine con la Croazia, più precisamente fra Sid e Berkasovo. 

Questi due tranquilli villaggi di campagna sono il principale punto di accesso per la Croazia e sono stati attraversati da migliaia di migranti nel settembre del 2015. 

Qui, assieme ad altri volontari, mi sono trattenuto per portare un aiuto a chi, carico di borse, figli, stanchezza e, forse, ancora un po' di speranza, scendeva dagli autobus, percorreva sentieri fra i campi, verso la frontiera e, dopo, si dirigeva al campo di Opatovac, i più fortunati su autobus, altri a piedi (15km a volte di notte e sotto l'acqua). 

Ma in pratica cosa facevamo? Ognuno se lo immagini: dopo ore di autobus provenienti dalla Macedonia, dopo giorni di viaggio dalla Siria (la maggior parte), dopo aver dovuto lasciare molti bagagli sulla strada, dopo le urla della polizia in svariate lingue, di cosa può aver bisogno un essere umano? 

Certe notti c'era da aspettare al fresco e fra piovaschi, nel buio rischiarato da torce a dinamo o cellulari. 

La strada era scivolosa e scura e qualcuno portava figli e bagagli. 

Perché siete qui? Lo domando loro e loro lo domandano a me. 
Perché c'è la guerra? 

Chissà se si aspettavano così tanta strada da percorrere... chissà se la immaginavano così impervia... 

Alcuni dicono che la Serbia è il primo Paese in si sono sentiti trattati da esseri umani. 

Dove andate? Germania, Austria, Svezia. Pace, famiglia, lavoro. 

E poi? Poi si vedrà. 
Mi stupisce la calma e la gentilezza con cui ringraziano per banali gesti di solidarietà: dopo giorni di viaggio la stanchezza potrebbe indurre in atteggiamenti di frustrazione-disperazione. Invece niente. Attendono ore e ore nella notte, bagnati, che la polizia croata apra la frontiera e li carichi sugli autobus, verso un campo di accoglienza strapieno. 

Alcuni non sanno neanche in quale confine si trovino. 

Riesco a scambiare più di due parole con una coppia; lei è incinta di 6 mesi. Ci diamo i rispettivi contatti facebook. Chissà da dove mi risponderanno, fra qualche settimana...

sabato 24 gennaio 2015

Perché gli occhi del samba sono scuri?

Il samba è immagine di allegria, spensieratezza, piacere, calore, musica, carnevale, eccessi, etc. Perché dovrebbe avere occhi scuri? Perché fare samba è parlare della vita di tutti i giorni.

Vinicius de Moraes, famoso cantautore della Bossa nova, scrive:
Mas pra fazer um samba com beleza
  Per fare un bel  samba

É preciso um bocado de tristeza         
è necessaria molta tristezza

É preciso um bocado de tristeza       

è necessaria molta tristezza
Senão, não se faz um samba não      
 altrimenti non si fa un samba


Fazer samba não é contar piada     

Fare samba non è raccontare una barzelletta

E quem faz samba assim não é de nada  
e chi fa un samba così non vale niente

O bom samba é uma forma de oração  
un buon samba è una forma di preghiera

Spesso il samba va di pari passo con la saudade, intraducibile parola, ben lontana dalla semplice nostalgia: è il ricordo sempre presente di un bel momento, con la speranza che questo si ripeta. Ma è anche la voglia di rivedere una certa persona, un determinato luogo, ascoltare una musica che ha scolpito un momento indimenticabile. È passato, ma accade ancora nel presente, grazie alla speranza nel futuro che non vediamo l'ora che si riavvicini. È un intreccio di piani temporali e spaziali, oltre i limiti della realtà.

Così, il samba ha gli occhi scuri per la mancanza di qualcosa o qualcuno. Per il nostro cuore che non può smettere di sognare e che vuole amare oltre ogni limite. Il tempo che non passa mai o che passa troppo in fretta e le distanze inavvicinabili vengono maledette; poi, superate, sconfitte, sia pure solo nell'immaginazione o in qualche altra ora di samba, di estasi, di girotondo.

È la vita, gli alti e bassi, ma è anche un atteggiamento cosciente di fronte alla vita: il samba ha gli occhi ed è possibile vedere il mondo attraverso di essi. Non è più una breve illusione, allora, ma l'accettare la vita per quello che è, diventando a volte scuri; ma con la determinazione di voler continuare a sambare, nonostante tutto.

E per sambare non c'è bisogno di andare chissà dove. Non c'è bisogno di locali in o di avere il portafogli pieno: va bene anche un angolo di strada, un barzinho semplice con un vecchio suonatore di chitarra con la barba bianca e le dita callose per il lavoro manuale svolto durante il giorno.

E il samba trascina in un vortice di colori chi gli sta attorno. Non puoi ignorarlo. Puoi decidere di non alzarti, di restare seduto o passargli davanti, ma le tue dita, i tuoi occhi o, se proprio non lo vuoi dare a vedere, il tuo cuore non sapranno resistergli e cominceranno a battere a ritmo della musica.

Fermarsi? Sì, perché il tempo è tiranno, ma tu lo puoi ingannare continuando dentro di te a sambare.

Viktor Frankl, fondatore della logoterapia, così lontano dal Brasile e dal ritmo del samba, dice una cosa molto simile:

“La libertà dell’uomo non è libertà da condizionamenti, ma piuttosto libertà per prendere un atteggiamento in qualunque condizione ci si possa trovare”. 
Questo è il samba.

sabato 17 gennaio 2015

Siamo tutti "In cammino"

In cammino (tratto da Gli occhi scuri del samba di Dario Milani)

Scalare,
partire,
decidere:
crescere.

Rendersi conto
che i miei problemi
hanno già attanagliato milioni
di uomini sopravvissuti
o morti.
Eppur non mi basta.
Intanto ci son loro
a tormentarmi,
altalenarmi,
oscillarmi:
la donna,
il viaggio,
l'amore,
il corpo,
il bisogno d'essere amati,
l'esigenza di amare
e la sua continua scuola;

i conflitti,
i rifiuti,
lo sdegno,
l'Ideale,
il Divino,
l'Umano,
l'essenziale e il superfluo.
Il dovere e la scelta.
Il tempo che passa,
la fretta che aumenta,
la piccolezza che cresce,
il senso di impotenza che avanza,
il sentirsi al proprio posto
e la paura d'esserselo creato,
oppure d'essersi adattati
e la (s)voglia di accettarlo.

Il bisogno di sicurezza,
il tedio del prevedibile,
la fede nell'Incommensurabile,
l'umiltà davanti l'irraggiungibile.

Il ritorno,
i rincontri riusciti
e quelli impediti
(da me, da altri, dalla morte),
i conflitti risolti
e quelli irrisolvibili (chissà perché?).

Il dover ritrovare prima di tutto me stesso,
sull'orlo di una pazzia,
prima che questa prevalga
e mi renda da altri dipendenti,
più di quanto già non lo sia
(forse solo per questo
val la pena fuggirla,
non per mancanza di ragioni).
E più guardo il mondo,
più ne son convinto;
ma se guardo il Mio Mondo,
quello raggiungibile dai miei soli occhi,
non mi sembra così complicato:
vedo persone lottare,
con le loro esigenze e virtù,
il loro dare e ricevere,
a volte sproporzionati,
altre meno.

Vedo pure tante relazioni,
persone come me,
che si meravigliano per un sorriso regalato,
ma, a volte, lo ricambiano;
che non mi rivolgono la parola per primi,
ma, ogni tanto, mi rispondono;
che si mostrano forti e decisi,
ma se mostro loro la mia fragilità,
spesso, scoprono le loro ferite
e mi fanno sentire meno solo.

Raramente, ma non mai,
qualcuno cammina piegato
sotto il peso di macigni,
gettatogli da altri o da sé stesso.
Non chiederà mai aiuto,
per esperienza o pregiudizio.
Non faccio altro che guardarlo,
fermarmi se lui si ferma,
camminare se prosegue,
arrancare se zoppica.
Improvvisamente,
il suo peso diminuisce
ed il mio pure.
Resto con lui finché vuole,
poi
proseguiamo per le nostre strade.
Non soli,
non in compagnia:
in cammino.

mercoledì 24 dicembre 2014

Natale: se non sei pronto ad accettare la vita con ottimismo, è meglio che te ne stai zitto!

L'esempio di Zaccaria
Zaccaria è un sacerdote, padre di Giovanni Battista, l'ultimo grande profeta chiamato a preparare la venuta di Gesù.
Ebbene, durante le funzioni sacerdotali nel santuario del Signore (luogo accessibile solo ai sacerdoti) gli appare un angelo che preannuncia la gravidanza della moglie ormai in là con gli anni. 
L'angelo parla di vita, dell'allegria e della felicità che porterà questo bambino, perché pieno di Spirito Santo.
Ci manca poco perché Zaccaria non si metta a ridere: "Come posso avere la certezza di ciò?". Non ci crede Zaccaria: lui, uomo dedito al culto da una vita, non riconosce l'angelo, ne ha paura e poi non crede alle sue parole.

Visto che non hai creduto, sarai muto
Per la sua incredulità, non ha nessuna buona novella da portare al mondo; tanto vale che se ne stia zitto!
Fanno sorridere i gesti con cui Zaccaria si esprime durante la gravidanza della moglie, sono quasi comici. 
Una volta nato il bambino, è costretto a scrivere su una tavoletta il nome che vuole mettergli. E, finalmente, la sua lingua si libera! Può di nuovo annunciare il Signore!
La paura della gente
Eh no, qui c'è qualcosa di strano: un padre che resta muto, poi ricomincia a parlare; un nome che non c'entra niente con la tradizione familiare di apporre nomi dei genitori o dei nonni. 

E siamo solo agli inizi
Quel bambino sarà un profeta del deserto, uno che incita la gente alla conversione e ad azioni concrete (dare due tuniche a chi ne ha una, non approfittare della propria condizione sociale o del proprio lavoro, ecc.), non un classico sacerdote del tempio, dedito al culto e alla riscossione delle offerte.
Non resta che stare a vedere.

Chi può parlare di Dio?
Questa la grande domanda: può parlarne solo chi è illuminato dal Suo Spirito. A nulla vale essere sacerdote, ricco, famoso. Lo Spirito è come il vento, soffia dove vuole (Gv, 3 ,8).
E la vita è lo specchio dell'anima di un uomo, quindi...

Natale
Beh, se siamo eternamente pessimisti, chiusi ad ogni cambiamento, ciechi di fronte al nostro prossimo, pronti sempre a vedere il lato negativo e così patetici da voler prevedere tutto nella nostra vita, non ha senso festeggiare il Natale.
Due diverse prospettive
Il povero Zaccaria, come molti anziani, è attaccato alla tradizione, al "facciamo come si è sempre fatto". All'annuncio della novità dice che non è possibile.
Maria invece, da giovane "sbarazzina" chiede come sia possibile che resti incinta. Sottile differenza, ma fondamentale: vediamo subito il negativo, gli ostacoli, o ci chiediamo come fare per raggiungere il nostro obiettivo, prendendoci del tempo ed ascoltando per poter rimuovere gli ostacoli?

Buon natale!

venerdì 12 dicembre 2014

La storia di Claudio, quando la sofferenza non si può spiegare, tutto sta nel fermarsi ad essa o riuscire ad andare oltre




Come accettare tanto dolore?
La riflessione di Claudio: cerco l'umano
Condivido qui pensieri scambiati con Claudio, che per anni è stato membro di una comunità di Salvador che aiuta le persone di strada e/o dipendenti da stupefacenti. Per anni ha condiviso la vita di tutti i giorni, assieme alla moglie, conosciuta in comunità, con persone non facili, per usare un eufemismo, a volte dovendo affrontare situazioni di crisi di astinenza degenerate in atti di violenza, anche se non nei suoi confronti. 
caravaggio flagella
Claudio è sicuramente un tipo "particolare", nell'aspetto (biondo, molto stempiato con i pochi capelli, che ha lasciato crescere raccolti in una coda, alto quasi 1 metro e 90 centimetri, ma con soli 60 kg di peso, vegetariano) e nel modo di fare, sempre calmissimo, silenzioso, lento nei movimenti, ma infaticabile nei lavori manuali, tanto di muratura quanto di lavorazione del legno. 
Di forte spiritualità cristiana, vissuta veramente nella costante preghiera interiore, trasmette alle persone con cui parla una pace e fa sentire a proprio agio; per questo tutti amano parlare e sfogarsi con lui.
Ebbene, ha condiviso con me un suo pensiero costante sul dolore.

Se lo combatti o le neghi perdi, se lo affronti puoi fare qualcosa
Si riferisce soprattutto al dolore autoinflitto dalle persone, oppure a quello verso i più indifesi. Inizialmente, la rabbia e il voler far giustizia non gli permetteva di trovar pace. Si sentiva l'avvocato dei poveri e la rabbia prevaleva, oltre ad un costante senso di allerta, pronto a scattare per le ingiustizie non appena si manifestassero.
Stava cadendo nella violenza, nel reclamare senza risolvere nulla.
Finchè...
...vinto dalla nausea lascia il lavoro di camionista nel sud del Brasile per dirigersi, mezzo in autostop e mezzo a piedi, verso il nord-est, terra di sua madre. Per caso conosce la comunità della Trinità e viene subito colpito dalla spiritualità al servizio del recupero dalla dipendenza dalle droghe. 
Qui, mette le sue competenze manuali al servizio degli altri.
Partecipando alla vita comunitaria, sente ripetere spesso di questo Dio che si umanizza, che condivide il dolore umano...
Un Dio umano prima di tutto, e non giustiziere.
Ma, allora, non è onnipotente?
Il concetto di onnipotenza, dice lui, viene dalla filosofia, non dal Vangelo, che dice che "Dio nessuno l'ha mai visto. Solo il Figlio", quindi le nostre speculazioni sono inutili.
Tuttavia il Dio del Vangelo è un Dio che si incontra negli uomini ("Ogni volta che farete una cosa a uno di questi piccoli, la farete a me"), un Dio che dona la vita, e che, incarnandosi, condivide il nostro universale desiderio di felicità.
Padre, Misericordioso, Buon Pastore.

Non c'è un perché. Ma fai ciò che puoi e incontrerai Dio
La mentalità di Dio non è la nostra. 
La Bibbia dice:

Potrà forse discutere con chi lo ha plasmato
un vaso fra altri vasi di argilla?
Dirà forse la creta al vasaio: «Che fai?»
oppure: «La tua opera non ha manichi»?
(Isaia 45,9) 

Cercare il Trascendente nella profondità e a partire dalla profondità dell'umano; e, proprio nella ferita del fratello, da noi condivisa scorgere una Presenza nascosta