La realtà vista da una prospettiva differente

So quello che sono e sogno quello che non posso essere, ma non mi illudo di essere quello che sogno

giovedì 3 febbraio 2011

2. Parlami di te, Marquinho


Le persone ci guardano incuriosite. Non è comune vedere un mendicante seduto al tavolo con uno straniero, ma non ci faccio caso, tanto meno lui, certo abituato più di me agli sguardi spesso indiscreti della gente, senza mai rifugiarsi nell'intimità della propria casa.
Dunque, Marquinho non conosce il proprio cognome, è nato e vive in strada, dove è cresciuto ed ha imparato a camminare e parlare. Non conosce la sua età, né suo padre; la madre, dice, è morta quando era piccolo, o è come se lo fosse, “tanto non farebbe differenza”. Non ha amici, ma solo 'compagni', come li chiama lui, altre persone che condividono la stessa vita e sorte. Quando arriva da mangiare e bere, la conversazione si interrompe, giusto quei due minuti sufficienti per trangugiare panino e birra. E comincia già a non voler rispettare il nostro patto, chiedendomi un’altra bibita. Gli ricordo che il nostro accordo ne prevede solo una a serata ma, dopo aver insistito, non mi resta che promettergliene un'altra, però alla fine della nostra chiacchierata. E lui riprende a parlare di sé, dicendomi che in questi giorni non ha lavorato molto; i suoi modi di guadagnare sono quelli di tutti gli abitanti della strada: oltre a mendicare, può fare il parcheggiatore abusivo, come ce ne sono tanti a Salvador, soprattutto vicino ai locali senza posteggio privato. Il loro compito è indicare agli automobilisti il posto libero più vicino, aiutarli nelle manovre e, in cambio di una ricompensa anticipata, assumersi l'impegno di tener d'occhio l'auto fino al ritorno del proprietario. Negar loro la 'tassa', comporta la certezza quasi assoluta di ritrovarsi la macchina rigata, o peggio. D'altro canto, è difficile, per chi ambisce a tal mestiere, trovare una parte di strada su cui un concorrente non rivendichi di essere arrivato prima e di avere quindi diritto di monopolio in quel tratto. Un'altra possibile fonte di sostentamento è fare il raccoglitore di rifiuti riciclabili; infatti, a Salvador è molto carente, per non dire nullo, il sistema di raccolta differenziata con cassonetti. Per compensare questa mancanza, esistono dei centri privati di raccolta, che pagano il materiale riciclabile che ricevono. Ed è frequente vedere persone camminare con un grande sacco sulle spalle, frugando fra i mucchi di spazzatura e nei cestini alla ricerca di lattine, plastica, cartoni, spesso aprendo sacchi d'immondizia lasciati sulla strada e spargendone inevitabilmente il contenuto. Generalmente, ogni 'raccattatore di rifiuti' (traduzione letterale del portoghese catador de lixo) raccoglie un solo materiale, così che, con il tempo, conoscerà in quale posti della città può trovarne in maggiore quantità.
Queste sono le possibilità che un abitante della strada come Marquinho, senza 'buona apparenza', formazione e curriculum ha di guadagnare; naturalmente, dice, ci sono anche quelli che commettono piccoli furti. Vuole comunque precisare che la maggior parte dei senzatetto comprende persone oneste ed umili, ma, realisticamente, ammette che quelli che cadono nel vizio dell'alcool e della droga (crack, soprattutto) perdono quasi ogni scrupolo. Tuttavia il lavoro e il mangiare non sono pensieri che tolgono il sonno alla mia nuova conoscenza: ripete che, in qualche modo, se la caverà anche domani. E per il momento gli basta essere vivo e con la pancia non vuota. Beh, mi sorprende la sua sincerità e le sue confidenze, nonostante abbiamo appena fatto conoscenza.
La preoccupazione per il lavoro è di chi è così disgraziato da non poterlo lasciare neanche per una settimana o un mese perché ha una casa, una moglie, dei figli, un'automobile e una reputazione da difendere. Io non ho niente di tutto questo, non l'ho mai avuto e non provo più neanche invidia. La curiosità c'è, delle volte, per uno stile di vita che vedo sempre e solo dall'esterno, ma penso che non durerei più di un giorno con tutte quelle complicazioni: mi sentirei soffocare. Per questo la gente si deprime, si lamenta e cerca sempre nuove trasgressioni. Oppure, trova nel viaggio un breve distacco dalla realtà in cui si è costretta, ma poi, inevitabilmente, ritorna e tutto ricomincia da capo; anzi peggio, perché ha assaporato almeno in parte la libertà senza, però, nemmeno aver avuto il tempo di digerirla, come se fosse stata costretta a vomitarla. A dire il vero, ho anche sentito dire da alcuni che in vacanza si annoiano e, dopo due o tre giorni, tornerebbero volentieri al lavoro. Penso che le imprese di questi dovrebbero toglier loro una parte dello stipendio per non lasciarli mai con la mente libera dagli impegni, così da non morire di noia, perché incapaci di ascoltare ed ascoltarsi. Non riesco proprio a capacitarmi di come sia possibile che un lavoro, che la maggior parte delle volte non è affatto un piacere o la realizzazione di una vocazione, diventi il maggior pensiero di ogni giorno”.
Scusa, Marquinho, ma allora cosa dovrebbero fare? Smettere di lavorare? Visto che, come dici tu, hanno casa, famiglia e vizi da pagare, devono guadagnare in qualche modo; o, forse, è meglio che rubino?”.
Assolutamente no. Il fatto è che, visti dal di fuori, sembrano quasi tutti vivere per lavorare e non lavorare per vivere. Mi spiego meglio: tutti sono come prigionieri di un lavoro, di un luogo, di una persona, di un'abitudine, di una paura.
Mi fanno proprio pena quegli uomini con la camicia abbottonata fin sotto alla gola, tanto che sembra soffocarli, con giacca e cravatta; passano in quei macchinoni con i vetri oscurati, come per non restare abbagliati dalla luce della vera vita e del mondo, ed hanno fretta, la mattina, di rinchiudersi nell'atmosfera ovattata dei loro offici, nelle viscere di quei palazzoni anonimi. Mentre, di sera, hanno ancora più furia di trincerarsi nelle loro case, in condomini separati dal mondo per mezzo di ringhiere alte ed appuntite, sempre sorvegliati da un portiere. Evidentemente hanno scelto di vivere al riparo dagli altri uomini, dal vento, dal sole, dalla pioggia, selezionando minuziosamente l'atmosfera a cui sottoporre il proprio corpo e pure con chi avere un semplice scambio di sguardi. Infatti, pure quando scendono dall'auto e camminano in mezzo alle persone, non le guardano mai negli occhi.
Da parte mia, quando mi scorrono davanti e me ne sto tranquillo per terra, seduto o sdraiato, nemmeno chiedo loro una moneta, perché ho la mia dignità: loro percepiscono la mia presenza con la coda dell'occhio, senza il coraggio e la forza di guardare dentro ai miei occhi per un secondo, per viltà, superbia, menefreghismo o indifferenza generale verso il mondo. Gente così non sopravviverebbe ventiquattro ore in strada. Anzi, voglio essere ottimista: forse alcuni guarirebbero, se almeno trovassero il coraggio di umiliarsi, per non morire di fame”.
Marquinho si guarda intorno: i suoi occhi non smettono mai di muoversi da un oggetto, ad un angolo di strada, da una persona, ad un'auto che passa. Il suo modo di parlare sembra svogliato ma, improvvisamente, diventa vivace, persino energico, rinvigorito dal continuo gesticolare che accompagna e chiarisce i concetti che esprime. Ogni tanto, le sue mani stringono la croce del rosario di legno scuro che tiene al collo. Mi stupisce la facilità con cui si sta aprendo con me, il suo modo articolato di ragionare, fatto di ipotesi e conseguenze, il suo lessico ricco. Sembra abituato a parlare ed esprimere i suoi pensieri. Forse, interloquisce normalmente con sé stesso, mischiando i pensieri ai monologhi solitari e con me non sta facendo altro che dar voce al suo continuo fluire interiore. Anche perché non deve capitargli tutti i giorni che uno straniero stia ad ascoltarlo, addirittura registrando le sue parole.
Nella via qui accanto, come saprai, è pieno di prostitute. Ce ne sono per tutti i gusti: donne, uomini, travestiti, di tutte le taglie e misure. Questi 'signori', che di giorno fanno gli spocchiosi, di notte vengono qui, e in tanti, a cercare nel vero mondo una piccola fuga dal loro ambiente artificiale. Hanno bisogno di sentirsi ancora vivi e trovano in queste e questi sul marciapiede una sorta di angeli della notte. Ho sentito dire che alcuni clienti si innamorano, ma la maggior parte è così ipocrita da non ammetterlo e tornare sempre a casa dalle loro mogli-soprammobili, imbalsamate da loro stessi. Amico, queste qua, o questi qui, a seconda dei gusti, sanno fare tutto e sanno anche ascoltarti!”.
Qui temo che cada nel volgare...
Io: “Ma uno dovrebbe innamorarsi, perché 'sanno fare tutto'?”
Amico, non so da dove tu venga, ma chi non cede alle tentazioni della carne? Chi resta totalmente indifferente, in pensieri ed opere, alla prorompenza di un corpo caldo, sinuoso, seminudo ed ansimante? E chi, dopo una prima volta in cui ha fatto e si è fatto fare cose che fino a quel momento non aveva osato neanche pensare, non vi ricade? Diciamo che ci si affezionano; l'amore è una parola troppo ambigua. Ma tu, che hai soldi per andarci e mi sembri una mente aperta a nuove conoscenze ed esperienze, perché non provi? È un arricchimento anche questo, sai. Loro capiscono le persone al volo, meglio di tanti psicologi, perché sono aperte alla vita”.
Ehm, no guarda. Per il momento non è proprio il caso”.
Bah, fai un po' te... Ma che ora si è fatta? Mi sa che è il momento dell'altra birra, per oggi non mi va più di parlare”.
Ok. Anch'io sono stanco; dev'essere passata la mezzanotte già da un po'”.


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